Le prime copie furono portate in Palermo da Giuseppe Del Re, che andò anch’egli a la festa di santa Rosalia, e le sparse fra i suoi amici: le altre furono sparse in Napoli. “Avete letto la Protesta?” mi diceva un signore. “Io no: e che dice?” Ed egli mi ripeteva ogni cosa, e i tratti che gli avevano fatto maggiore impressione, e i giudizi sugli uomini, e persino le frasi e le parole. “Potrei leggerla anch’io?” “Mi pare difficile: io l’ho avuta per sei ore con l’obbligo di restituirla puntualmente.” “Si sa chi l’ha scritta?” “E chi può saperlo? Dev’essere stato un uomo che conosce a dentro i fatti della casa reale e del governo, perché ha svelati molti segreti”. Non ricordava quel signore che molti di quei fatti più segreti me li aveva detti proprio egli che aveva parenti in corte ed al governo, ed egli stesso era un uomo di conto. Io non avevo fatto altro che raccogliere e scrivere tutto ciò che avevo udito dire da lui e da altre persone degne di fede. Ed egli mi disse ancora un’altra cosa, che il re l’aveva letta, e che la maggiore offesa l’aveva avuta a quel tratto dove si parla delle udienze reali, in cui egli non rispondeva altro che: “Bene, bene”, con voce chioccia, e dimandò ad uno che gli stava vicino: “Ho la voce chioccia io?” Il libro volava di mano in mano, era letto in piccoli crocchi di amici, tutti ne parlavano: il ministro Del Carretto che si sentiva ferito gettava fuoco dagli occhi, i suoi birri erano sbalorditi e andavano fiutando per ogni parte: io vedevo e udivo tutti, e non dicevo parola, e andavo per le mie faccende; e facevo lo scemo, e dicevo tra me: “È vendicata quella povera donna”.
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