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      Questo si vuole, e non torgli diritti, né diminuire la maestà; ci tratti da padre e noi saremo figliuoli. Provi, provi pure il divino piacere di far bene, e di sentirsi chiamar padre da otto milioni di uomini. Ma se Iddio lo accieca o i ministri lo ingannano, se vuol continuare il dissennato rigore, e vuole più ceppi e più sangue, consideri che la causa nostra è causa di civiltà e di religione; che Dio e il suo vicario parlano per noi; che la bilancia italiana deve necessariamente equilibrarsi; che né normanni, né svevi, né angioini, né durazzani, né aragonesi furono più di quattro che frenarono il napolitano cavallo, ed egli potrebbe essere il quarto ed ultimo de’ Borboni; che quest’anno ‘47 è stato per quattro secoli terribile nel regno; che le opinioni sono più forti de’ cannoni; che tra i soldati ci è popolo ed uomini che pensano, soffrono, e parlano; che l’Europa e Dio ci guardano ed attendono; che chi si oppone al corso eterno delle cose e delle opinioni rovina irreparabilmente. Non sono minacce ma consigli. Troppo sangue si è sparso: se ne vorrà altro, gli ricadrà tutto sul capo: il mondo saprà che noi siamo stati disperatamente provocati”.
      E appresso a questa scrissi una lettera a Pio IX, una lettera ai soldati dell’esercito e della marina e non le ho più. Le scrivevo da me, senza incarico, senza consiglio, senza saputa di nessuno: le davo a copiare a due giovani senza dir loro chi le aveva scritte, e quei le diffondevano. Pareva una legione, ed era io solo. Ma l’eran carte, non altro che carte!


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Ricordanze della mia vita
Volume Primo
di Luigi Settembrini
pagine 271

   





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