Verrete con noi a Malta”. Il giorno dopo fu il 12 gennaio, e faceva un tempo bellissimo: in quel giorno si combatteva in Palermo, e cominciava la rivoluzione. Venne a bordo il viceré Lamarmora per visitare il legno: era un vecchio alto, coi capelli bianchi, ed alcune decorazioni sul petto. Volevo presentarmi e parlargli, ma certamente non avrei ottenuto ciò che egli aveva negato al comandante, e forse avrei dispiaciuto all’inglese: però non ne feci altro. Vennero ancora alcuni bersaglieri, e tra gli altri un capitano di fiero e nobile aspetto, un bell’uomo, che vedendo me sopra una nave da guerra, mi fece una dimanda in francese, a cui io risposi: ed egli fissandomi con due occhi di sparviero mi disse: “Lei è italiano.” “Sì, e fuggo da Napoli”. Mi strinse la mano. Era il capitano Lions, che fu poi deputato, e combatté da prode, e morì di ferite toccate in battaglia. Parlammo un pezzo delle condizioni d’Italia, ed egli mi ripeté che i popoli si redimono con le armi non con gli evviva.
Il giorno appresso si andò nella baia di Palmas dove era tutta la squadra inglese, il vascello Hibernia sul quale era l’ammiraglio Parker, altri vascelli e fregate a vela, e un solo vapore il Gladiator, simile all’Odin. Era un bello e grandioso spettacolo vedere tutti quei legni, e più bello qundo si mossero e navigarono indirizzandosi a Malta. Primo andava l’Hibernia, ultimo l’Odin. E con quest’ordine s’entrò nel gran porto di Malta.
Ringraziai gli uffiziali dell’Odin, dei quali avrò sempre a mente le squisite cortesie che mi usarono, e sbarcai.
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