Il popolo minuto ed i fanciulli non sapendo che dovevano dire, e pur volendo gridare, e forse beffare, ripetevano “Vivooo,” voce senza idea, come senza idea era per essi quel mutamento di cose. Ma non si può dire che sentimento si provava all’udire molti popolani gridare: “Viva Italia! noi siamo Italiani!” Quella parola Italia che prima era profferita da pochi ed in segreto, quella parola sentita da pochissimi e che era stata l’ultima e sacra parola profferita da tanti generosi che morirono, udita allora profferire e gridare dal popolo mi faceva sentire un brivido per la schiena, pei visceri, pel petto, e mi sforzava alle lagrime.
Nei giorni seguenti continuarono grida, luminarie, canti, musiche; ed una sera innanzi la reggia fu cantato un inno in onore del principe da molte signore e gentiluomini, e fu bellissimo. In questa ecco il carro di Mamone, tutti illuminato, e coi ritratti del Pagano, del Cirillo, e di altri del 1799. Il re l’ebbe come un insulto, e se ne sdegnò fieramente, e il povero Domenico Mamone Capri, che era un professore di chimica, e aveva fatto quel carro coi suoi giovani, ebbe dipoi a passare i guai suoi, che furono molti e grossi.
Dei mali sofferti per tanti anni si dava la colpa ai ministri, al confessore, e a taluno altro: dicevano che il Re era buono, e generoso sino a dare spontaneo uno statuto costituzionale, ma era stato tradito, ingannato, non aveva saputo mai nulla dei dolori del popolo. Il Bozzelli stesso diceva a tutti: “Il Re è un leale cavaliere, ha maniere incantevoli ha ingegno non mediocre, è di buona fede, ve lo assicuro io, è più costituzionale di noi”. “Neh!
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