Fin dalla Sicilia, dalla implacabile Sicilia, vennero uomini generosi, e dimenticando ogni gara ed offesa, si abbracciarono coi napoletani, si chiamarono fratelli, e corsero insieme in Lombardia.
Tra le carte che io scriveva allora e che mi furono salvate da mia moglie, trovo una memoria di questi fatti, e queste parole: “E tanti sforzi generosi, e tanto sangue sparso, e tanta virtù mostrata sarà stato tutto vano? sarà stato un sogno? Per Dio! E torneremo a le antiche angosce, alle antiche miserie, all’antica, obbrobriosa, nefanda, oscena servitù? No, no: Italia è stata svegliata da Dio: e o Dio non esiste, o Italia risorgerà. Io lo credo, io lo sento, io lo giuro, quantunque ora che scrivo l’austriaco sia tornato a Milano, e in Germania si sieno fatte feste e banchetti per la servitù d’Italia: il tedesco uscirà d’Italia. Io non odio i tedeschi, sieno liberi, sieno ricchi, sieno felici: amici sì padroni no, per Dio, no, no: io odio e maledico e son pronto a dare mille volte la morte a chi vuoi togliermi la patria, l’onore e il sacro nome d’italiano”.
All’ardore del popolo il governo si mostrava freddo e lento: onde crebbero gli sdegni e le ire contro ministri che furon chiamati traditori e cercati a morte. Era un garbuglio, era un viluppo di nodi, da non potersi sciogliere, sì tagliare d’un colpo, e non si ebbe forza né coraggio da tagliare. La guerra contro l’Austria era santa e necessaria: ma volere che questa guerra la facesse Ferdinando II, era una pazzia; credere di poterlo sforzare a farla, era una stoltezza; avrebbe opposta ogni resistenza, avrebbe fatto il peggio, come fece, e se si fosse data un’occasione si sarebbe unito all’Austria.
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