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      Ordinarono ai loro ambasciatori di unirsi ai Fiorentini, e di promettere che agirebbero di concerto, onde far loro tenere una più ardita condotta, volendo poi l'imperatore rendersi ben affetto col separarsi spontaneamente da loro.
      Gli ambasciatori delle due repubbliche furono introdotti il 30 gennajo all'udienza di Carlo. Parlarono prima i Fiorentini, e chiesero all'imperatore di accordare al loro comune la sua protezione e la sua amicizia, e di mantenere il loro popolo nella consueta libertà. Rispettoso fu il loro discorso ma senza espressioni di sommissione, senza promessa d'ubbidienza. I Fiorentini schivarono perfino di dare a Carlo verun titolo, ch'egli potesse interpretare quale riconoscimento della sua autorità310. Parlarono dopo i Sienesi, e, contro la promessa fatta ai loro alleati, non solo chiamarono Carlo loro imperatore e loro signore, ma spontaneamente gli offrirono la signoria del loro comune, senza riserva d'alcuna preventiva condizione311. Il monarca, cui costumavasi di parlare stando in ginocchio, soleva tenere in mano alcune bacchette di salice da cui andava levando la corteccia con un temperino, mentre i suoi occhi erravano distratti su tutta l'udienza. Non pertanto rispose alle due ambasciate ponderatamente e con nobiltà e moderazione, mostrando maggiore benevolenza ai Sienesi, ma promettendo ai Fiorentini di fare per loro tutto quanto sarebbe compatibile coll'onore della sua corona312.
      Quando gli ambasciatori sanesi, di ritorno nella loro patria, resero conto della loro missione, il popolo, adunato in parlamento, confermò, non senza per altro qualche disamina, l'offerta fatta dalla signoria all'imperatore313. Le città di Volterra e di Samminiato, che, in ragione della loro debolezza erano più gelose dei Fiorentini che premurose della propria libertà, si diedero ancor esse a Carlo IV314. La città di Arezzo non fu ritenuta che dal timore de' Ghibellini che vedeva favoriti alla corte, e quella di Pistoja, che trovavasi sotto la salvaguardia di Firenze, fece alcuni sforzi per imitare questi dannosi esempi.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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