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      Peraltro la grande compagnia non poteva lungo tempo tenersi nello stato di Forlì di già ruinato da una lunga guerra. Il conte Lando, poichè fu guarito delle sue ferite a Bologna, ove il signore Giovanni di Oleggio gli aveva date non equivoche prove di affetto, tornò a prendere il comando della sua armata. Egli la condusse nelle terre dei vassalli della Chiesa, che successivamente abbandonò al sacco passando a Faenza, Rimini, Pesaro, Fano e Montefeltro500. Il legato non erasi preparato a resistergli, onde la grande compagnia soffrì meno dal ferro nemico che dall'inclemenza della stagione. L'inverno, che cominciava, fu uno de' più aspri che si fossero fin allora provati in Italia; le nevi si elevarono ad un'altezza straordinaria; e quando dai tetti si gettarono nelle strade, alcuna città ne rimase ingombra in maniera da chiudere per alcuni giorni gli abitanti nelle loro case501. In così lungo inverno mancarono affatto i foraggi, e la grande compagnia perdette la metà de' suoi cavalli.
      Frattanto la corte di Avignone erasi avveduta dell'incapacità del suo nuovo legato, onde ritornò al cardinale Albornoz la mal tolta autorità. Albornoz giunse in Italia nel dicembre del 1358, e domandò soccorso alla repubblica fiorentina, che sapeva non meno di lui nemica della grande compagnia. Di già quando aveva precedentemente fatta predicare la crociata contro questa banda di masnadieri, aveva tirati più di centomila fiorini dai cittadini della repubblica502. I suoi predicatori ricevevano danaro da chiunque voleva darne, fossero ancora donne, poveri, o fanciulli; nè solo ricevevano danaro per la guerra sacra, ma ancora arredi, mobili, derrate, tutto insomma, tutto quanto era loro portato503. Albornoz quando tornò in Italia ebbe da Firenze settecento cavalli, che aggiunse alla sua armata.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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