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      Il modo col quale si fa da noi questa guerra è certamente un vero disinganno per chi abbia entusiasmo di mestiere. Il maresciallo, secondo tutte le apparenze, ne sa pochissimo, e lo prova anche la sua ritenutezza nel non parlare mai di guerra. L'amor proprio di ciascuno lo porta naturalmente a mettere in mostra il buono che ha, e quando nel cuore v'è una passione è necessario che sbucci. La continua riserva è una continua dimostrazione di mancanza d'energia e di cognizioni. Il maresciallo s'è acquistato un gran nome con la vittoria di Kollin. È stato il primo che ha battuto il re Federico; ma a saper le cose come sono, questa gloria svanisce. Alla battaglia di Kollin il maresciallo aveva già comandata la ritirata, e la vittoria era pei Prussiani. Un reggimento fiammingo, piccato contro i Tedeschi che lo deridevano perché non stava esattamente in linea retta, e le sue armi non erano tanto lucide quanto le austriache perpetuamente strofinate; questo reggimento, dico, per un movimento spontaneo, mal soffrendo di non aver combattuto e che il nemico non fosse mai venuto a quella parte, attaccò una colonna prussiana di fianco. Cominciò la colonna a piegare, altri reggimenti vennero spontaneamente dietro ai Fiamminghi, mossi unicamente dai loro comandanti, furono battuti i Prussiani, dovettero ritirarsi, e la vittoria immortalò Daun, e Praga fu liberata, e liberata tutta la Boemia. Ciò dipendette dalla direzione del maresciallo Daun quanto dalla mia. Ebbe il maresciallo il frutto, per la passione d'un fiammingo di farsi stimare dagli Austriaci, e quel fiammingo avrebbe meritato un processo per aver agito a proprio capriccio, e altrettanto ne meritavano i colonnelli che lo seguivano.


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Diario Militare
di Pietro Verri
pagine 82

   





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