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      La giornata del 18 marzo era piovosa: - sembrava che la natura, prevedendo le crudeltà che avrebbe commesse una soldatesca straniera, avversa agli Italiani per la ragion stessa ch'era straniera, indispettita e resa feroce per l'odio che conosceva esser nutrito contro di essa non per le nazioni a cui appartenevano i diversi militari, ma per l'uso a cui eran diretti, cioè a servir di strumento alla tirannide ultramontana, - sembrava che la natura s'attristisse nella previsione delle crudeli lotte che si preparavano pei Milanesi, e pel sangue che si sarebbe versato. - Era giornata piovosa, melanconica, triste come il cielo sotto cui eran nati que' soldati: - ma in mezzo alla tristezza della giornata splendeva il raggio dell'entusiasmo popolare, e i cittadini ricordando i crudeli destini a cui avea anticamente ridotta la città un tedesco imperatore, dal color della barba chiamato Barbarossa, rammentaronsi ben anco Legnano e la vittoria ottenuta sull'alemanno oppressore, - e giurarono vincere o morire, rammemorando l'ingiunzione delle madri spartane ai lor figli in partenza per la guerra, allorchè, additando lo scudo di cui eran muniti: Ritornerai, dicevano, o con questo o su questo: ossia o vittorioso o morto.
      Nell'interno intanto della città gli avvenimenti prendevano una piega di una gravità straordinaria. Ad un'ora circa pomeridiana, narra una storia contemporanea(14), comparvero dieci gendarmi di cavalleria, comandati dal Commesso di polizia Zamara. Entrarono dalla Piazza Mercanti e si presentarono di fianco alla piazza del Duomo.


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Storia delle cinque gloriose giornate di Milano nel 1848
Antonio Vismara
di Editore Pagnoni Milano
1873
pagine 141

   





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