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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   mentre un violino, sonando la saltarella, disponeva gli animi più ritrosi ad impeti di generosità. Quei pallii erano quasi tutti opera di uno specialista del genere, chiamato don Abbondio: il don, come si sa, nelle Provincie meridionali si dà anche ai secolari ed ha il semplice valore del signor o sor delle altre regioni. Di questo don Abbondio, non si può dir che il nome gli si appropriasse bene, come è stato detto del tanto più famoso suo omonimo ; perchè, mentre la parola Abbondio, forse per la sua affinità con abbondare e abbondanza, fa pensare ad alcun che di grosso e di rotondo, egli era una figura stranamente lunga e allampanata, e con le guance affossate, sulle quali stentava la vita, come per mancanza di nutrimento, una misera vegetazione di barba bionda. L'insieme della figura poteva far pensare a quella assegnata dal Dorè al suo don Chisciotte. Egli viveva, oltre che coi pallii, facendo stemmi per municipii, cartelli per botteghe, per porte d'uffizii, ecc. Non era forte, poveretto, in ortografia ; e con l'anarchia ortografica in vigore In Italia, non è, a dir vero, facile di esserlo; ma non aveva la forza di confessarlo; e un giorno, che doveva dipingere su un cartello Gabinetto del Sindaco, per le due prime lettere, e anche per la terza, tutto andò benissimo; ma in quel punto egli fu sorpreso da un pensiero profondamente angoscioso e si fermò: — Con quanti b si scriverà mai questa parola? — Tre volte tentò di riprendere il disegno, ma per tre volte tornò ad arrestarsi. Finalmente, fattosi coraggio, chiamò il sindaco, che scriveva in un tavolino accanto, e, con aria indifferente e disinvolta, tenendo gli occhi sul disegno e dando gli ultimi tocchi alle lettere già fatte: — Quanti b, signor Sindaco, — domandò, — quanti b vogliamo metterci?
   Ma bisognava compatirlo, perchè egli, più che pittore