non si capiva bene da dove venisse, trovò modo di uccidere, o di far prigioniero il lupo, e di salvare il Turco.
Dopo d'aver fatto il giro dei villaggi, svegliando i poltroni e annunziando a tutti, anche a quelli che non lo volevano sentire, la gioia della solenne giornata, i tamburini si riducevano sul sagrato della chiesa, e là, col loro trrinn tà tà, tnrinn tà tà.... bum bà bà, bum bà bà, bum bà bà, bàaaaa! si preparavano a ricevere le file variopinte dei fedeli, che arrivavano d'ogni parte per la messa cantata. I passi di quest'ultimi, senza che se ne avvedessero, si venivano accordando via via con quel suono e con quelle battute; e, così, tutti s'avanzavano con movimenti sincroni ed ordinati: solo facevano eccezione il gruppo dove si trovava donna Maria Giuseppa, il quale, invece della cadenza dei tamburi, seguiva il lento dondolio della vasta sottana di lei.
I cantori della Chiesa erano, d'ordinario parecchi; tutte, si può dire, le persone adulte che ascoltavano la messa dalla cantoria dell' organo. Tra essi spiccavano il capitano della Guardia Nazionale e Giammichele, avvocato di Conciliazione e scrittore pubblico, l'uno per i toni bassi e autorevoli e le variazioni sul Kyrie eleison; l'altro per la forza e la resistenza dei suoi urli che arrivavano senza dubbio fino al paradiso. Ma, secondo le ragazze, nessuno vinceva la voce squillante del parroco, che andava diritta al cuore come il pugnale d'un brigante, specialmente nelle delicate sfumature AeVC Ave maris stella. Sedeva all'organo una faccia sbarbata, all'antica, la quale ri ostinava a portare, pendenti alle tempie, due bucco-totti di capelli ereditati dalla moda dei nonni. Il proprietario di quella faccia e di quei buccolotti sapeva tre sonate: una serviva ad accompagnare il passo ed il movimento dei tre preti che uscivano di sagrestia in abito