nate. Colomba, la fornaia, famosa sonatrice di cembalo, dice a un'amica che coi tamburi si balla male; che essi sono pių adatti ad accompagnare il ballo dell'orso. I veri movimenti graziosi si fanno al suono del cembalo, e specialmente del suo, che ha comprato lei stessa, il giorno della festa della Madonna, alla S. Casa di Loreto. E Angela Rosa, andandosene via con aria di rimproverar tutta quella gazzarra, borbotta che quelle cialtrone, invece di star lė a ballare come pazze, potrebbero pensare a restituirle le galline rubate.
Ma guardate: sull'estremo orizzonte, si vede ardere un fuoco assai pių rosso e pių vivo di quello che fiammeggia vicino a noi: no, non č un fuoco; č la luna che si alza sulla punta dei piedi invisibili, e guarda, e vuol prendere parte anch'essa alla festa, e viene ad aggiungere altra luce, altri riflessi, altri effetti a quelli prodotti dalle ombre della notte e dai bizzarri riverberi della fiamma. Ella sorride colla sua tonda e chiara feccia al veder quei dispetti, quelle grida, quei capricci, quegl' impeti destati dall'amore, e ammicca furbescamente, e si confida con Monte Corno; e, mentre rimonta lentamente la sua via, viene conversando affabilmente col vecchio amico, di altri balli, di altri amori, di altre forze scomparse per sempre, almeno in apparenza. E sulle due facce immortali scorre il lampo d'un sorriso, che risponde a un'intima gioia di vita, di quella loro vita, eterna al paragone della nostra, cosė tristamente fugace.
E intanto cresce l'ebbrezza della danza, e gli urli echeggiano per la Valle, sempre pių impetuosi e selvaggi. La fiamma, alimentata a furia, crepita e stride rossa e violenta; e, in quel frenetico abbandono, gii animi obliano, o cercano di obliare, che la festa č finita.