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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   può fare che io non senta la necessità, per il profondo affetto che porto al mio luogo nativo, di mostrarmi aspro contro la piaga vergognosa. Se in altri luoghi, che io non conosco, essa sarà ancor più viva e maligna, è certo, anche, che io conosco dei luoghi dove il danno è ben più tenue, e si annunzia già prossima la piena guarigione. Ma dalle mie parti, il male si può dir che cresca di giorno in giorno.
   E così, tra queste angustie, tra questi crucci e queste mire tormentose, la piccola borghesia dei miei villaggi s'avanza a poco a poco verso la sua assoluta sparizione. Accanto ad essa mena una vita più misera in apparenza, ma in realtà più soddisfatta e tranquilla, la classe dei contadini, nella quale, del resto, non mancano delle famiglie che per agiatezza s'accostano a quelli stessi che aspirano al grado e al nome di signori; e perchè non si vergognano della zappa e lavorano i campi da sè, con le loro proprie mani, sono meglio provveduti di danaro e meno di odii e di rancori. I contadini si trovano, su per giù, nelle stesse condizioni dei tempi della mia prima giovinezza. Certo è diminuito il numero degli analfabeti propriamente detti; e molte di quelle brune mani callose arrivano oggi, non senza, per altro, molti stenti e sudori, a mettere insieme uno sgorbio di firma; ma il prezzo delle loro giornate di lavoro si mantiene il medesimo : cinquanta centesimi per gli uomini e venticinque per le donne, quando vi s'aggiungono le spese; e una lira per gli uomini e cinquanta centesimi per le donne, senza le spese. Ciò nonostante, essi sono ben lontani ancora dall'occuparsi delle nuove dottrine socialistiche ed anarchiche: per questa parte non possono, in alcun modo, esser messi al paragone di contadini di altre regioni d'Italia, anche più meridionali. Anzi, dirò che non esiste da