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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   loro educazione politica di sorta : nelle elezioni dànno il voto non al rappresentante della tale o della tal altra opinione, ma a don Luigi nostro, o a don Michele nostro; ossia, possibilmente, al candidato del proprio villaggio o del proprio comune ; e, se questo tal candidato non esiste, al candidato che promette cose più pazze e meno facili a conseguire. La politica non ci ha niente che fare: dicano quel che vogliono i giornali. A questo proposito, mi ricordo della comica consolazione dei giornali socialisti della Capitale, una volta che seppero la buona votazione riportata in alcuni villaggi che non nomino, da un candidato del loro partito. « Constatiamo, — dicevano, — con piacere i progressi che le nuove opinioni » ecc. ecc. Ma sapete il vero perchè della buona votazione? Il candidato era amico del medico condotto; e il medico era andato di porta in porta, chiedendo voti per il suo protetto e minacciando, in caso di malattia, di lasciar crepare solo come un cane chi si fosse ribellato. I voti vennero giù come la grandine: tanta era la paura in quei contadini di morir di morte naturale piuttosto che per mano del loro medico.
   Alla mancanza di ogni educazione politica e all'assoluta prevalenza, nelle elezioni, degli interessi comunali e personali, si deve aggiungere che, in quei luoghi, la proprietà (l'abbiamo già notato) è molto frazionata, e non c' è, si può dire, povero che non sia anche proprietario, se non altro, d'un piccolo orto. Questo tiene vivo il sentimento della proprietà e tende ad allontanare l'applicazione di quelle dottrine che minacciano, o paiono minacciare, la spoliazione di tutto. E non bisogna dimenticare che ai coloni si fanno, in generale, buoni patti. La rendita, prima, si divideva o alla metà (ossia col sistema della mezzadria), o alla tre, o alla due e alla cinque: