gresso e quando i miei genitori (io avevo allora circa sette anni), tornarono a Colledara sapevo già leggere abbastanza correntemente e scrivere senza troppi sgorbii.
Ma a Colledara non rimasi molto, essendo creduto maturo per essere spedito ad Atri presso un mio zio prete, ove già si trovavano i due miei fratelli maggiori. Io non ricordo bene, ma credo ricevessi con piacere la notizia della partenza, per quell'amore innato per ogni cosa nuova di carattere indeterminato che sentono in modo speciale i ragazzi.
Atri è antica città dell'Abruzzo teramano, posta su un'alta collina sulla riva dell'Adriatico tra Giulianova e Pescara. Dicono che si protraesse sino alla riva del mare. E chi guarda verso il nord della caratteristica passeggiata detta dei Cappuccini, che si svolge in forma di uno sprone o promontorio che sporge fuori della città e viene a disegnare una specie di immensa racchetta per il tennis, chi guarda, dico, da quella parte vede una lunga striscia d'un azzurro diverso da quello del cielo, disseminata qua e là di vele vivamente colorate, a due a due, sole, a frotte, a schiere: quelle vele, marine farfalle, infiorano l'Adriatico e portano sui fondi accesi i più strani e bizzarri disegni, che io credo si mantengono sempre gli stessi dai più antichi tempi e fanno pensare d'un popolo diverso da noi per gusto e tradizione di disegno. E forse essi sono venuti dall'Oriente.
Atri è d'origine etrusca e col nome di Adria fu città gloriosa al tempo dei romani. Di questa sua grandezza rimangono qua e là nella campagna notevoli vestigia. La città presente è forse l'acropoli dell'antica città ed è d'origine e carattere medioevale, benché in questi ultimi tempi sia stata in gran parte rinnovata. Essa possiede una notevole cattedrale di stile lombardo con un' alta e