le rare sue qualità che lo collocavano così in alto e non ostante che fosse chiaramente un uomo nato per comandare, non arrivò mai all'ufficio di vescovo, ma solo a quello di arcidiacono; e dicevano che la ragione doveva cercarsi in certa riputazione di liberale che s'era fatta presso la curia. Ma io non credo, perchè egli non s'occupava in realtà in nessun modo di politica, nè aveva carattere per questo. Non escludo per altro che quell'elevatezza insolita e quella larghezza di pensiero gli avessero potuto procurare per equivoco fama di prete poco severo in fatto di principii politici. Ma è mia più intima convinzione che la sua carriera ecclesiastica fosse stata inceppata dall'invidia specialmente dei vescovi, che mentre gli usavano ogni riguardo, dovevano essere ben seccati di dovere aver a fianco queir ingegno, quella riputazione e anche quella bella e maestosa figura d'uomo sul cui capo sarebbe stata così bene la mitra.
Per riguardo ai principii religiosi e alle pratiche del suo ministero egli era rigido osservatore benché fosse senza pedanterie; ma a questo proposito non so nascondere il sospetto che mi è nato dopo di averlo visto morire. Io credo che egli fosse religioso più per imposizione della volontà che per naturale disposizione; con questo non intendo in nessun modo di mettere in dubbio la sincerità e buona fede di tutta la sua condotta in fatto di religione: la volontà era riuscita a creare in lui, forse senza che egli stesso se ne avvedesse,una seconda natura; ma la grinta natura non rimase e non poteva rimanere soffocala. E nel punto del morire, indebolite, come suole a« < ader«', le forze, come direbbe un fisiologo, inibitorie, riprese il sopravvento. In tutta la sua ultima malattia che durò sette o otto giorni, non ostante che egli non perdesse mai la coscienza, non parlò mai di religione, nè
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