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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Ma non si creda da questo che il suo cuore fosse arido e muto: le qualità affettive erano quasi vergognose di mostrarsi; ed era naturale in tanta preoccupazione di parere e di essere autorevole e dignitoso. Ma egli aveva in fondo al cuore alcuni forti affetti ; parlo degli affetti divini e terreni; degli affetti celesti ho parlato più avanti. Egli amava la famiglia a cui apparteneva (che era quella di nostro padre) e il suo decoro; questo decoro egli l'amava forse più delle persone stesse che ne erano i depositari; amava il suo Seminario ; amava anche la sua vecchia serva, Rituccia, che abitava in una piccola casa da lui comprata, mentre egli come Rettore abitava durante tutto l'anno scolastico al Seminario, e solo durante le vacanze andava ad abitare qualche volta nella sua casetta. Di quest' ultimo suo affetto qualche maligno vorrà forse sorridere e vedere in esso lo strascico di qualche scappata giovanile; ma io senza oppormi in modo assoluto, perchè la pratica della vita mi ha insegnato ad andar guardingo nei giudizi, anche in quelli che paiono più facili e naturali, pure credo che la relazione non avesse mai avuto uno scopo, come si suol dire, equivoco, e che quella vecchia non fosse mai stata che la sua serva. Certo come tutte le serve degli uomini soli essa aveva preso il posto della padrona che mancava, ma la sua autorità abusiva aveva certi limiti e non assunse mai quel carattere di tirannia di chi è od è stata la padrona del cuore oltre che della casa. Ed a questo proposito noterò che era universalmente nota ed ammessa l'austerità del costume di mio zio. Quegli stessi che l'avevano conosciuto in età molto giovanile non sapevano citare di lui nulla che fosse in contrasto con quella severità dell'età matura. Solo ricordo d'aver sentito parlare da mio padre d'un' ardente passione che egli ebbe sui 22 o 23 anni per una signora di Penne: pas-