eravamo solfasi punta d'un alto colie: dalla valle saliva insieme coi suoni fiochi e lontani delle campane l'eco d'un coro di vóci maschili, lento, maestoso, pieno di profonde tristezze e di speranza. Mio zio stette fermo lungamente in silenzio a sentire quel coro, e avendolo guardato mi parve di vedergli lampeggiare nell'occhio e nell'aspetto tutta la poesia della sua vita e della sua passata giovinezza ; mai l'avevo visto circondato di una luce simile, nè lo vidi più mai. Chi sa quanti rimpianti e quante lontane visioni.
Nell'atto del matrimonio dei miei genitori egli donò a loro la quota legittima delia roba paterna, serbandosene l'usufrutto; ma non lo reclamò poi mai, e andò sempre a vantaggio della nostra famiglia. Oltre a ciò, e questo è il suo principale titolo alla nostra eterna gratitudine, volle pensar lui all'istruzione di noi tre nipoti maschi, e via via che eravamo arrivati all'età di sette anni ci chiamava in Atri : io era il più piccolo dei maschi e perciò fui l'ultimo ad andarci, e fu nel 1862.
Il seminario diocesano di Atri era, fra il 1860 e il 1870, il più fiorente istituto della provincia, e questo, come abbiamo già detto, avveniva soprattutto per opera di nostro zio, Lino Romani. Vi si compievano gli studi che oggi si chiamano di ginnasio e di liceo, e allora si chiamavano infima, media (1", T e 3" ginnasiale, o ginnasio inferiore), umanità (4* e 5* ginnasiale) e rettorica e filosofia (liceo). A queste classi era aggiunto, se ce n'era bisogno, un po'di scuola elementare. Il seminario era, si potrebbe dire, laico, perchè i seminaristi non s'indirizzavano, in generale, alia carriera ecclesiastica. Essi erano in numero di 70 o 80 e si dividevano per camerate, allo quali erano preposti un prefetto e un viceprefetto, scelti tra gli alunni più diligenti e disciplinati.