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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   — Non è buono? prendete di questo lesso che mangio io. — Il seminarista accettò volentieri il pezzo di carne che il cameriere gli portò da parte del rettore. Ma il rettore, appena lo vide mangiare: — Ah mangiate? — gli disse con aria tra feroce e sarcastica ; e gli appioppò una grave penitenza. Le punizioni, o penitenze, erano: il silenzio: silenzio, solo durante la ricreazione; il silenzio perpetuo: silenzio continuo, fino a nuovo ordine; sema rino; pane ed acqua (per un pasto solo), e finalmente refettorio, la penitenza più grave per la quale l'alunno doveva, durante il pasto, rimanere in ginocchio in mezzo al refettorio.
   Ma, tornando alla porzione di lesso, io credo che mio zio avrebbe assegnato all'alunno la stessa sorte anche se questi avesse respinta l'offerta; e gli avrebbe detto:
   — Ah rifiutate? — E qui la penitenza.
   Durante il pasto, gli alunni erano obbligati al silenzio; e uno di loro, per turno, leggeva, stando in un piccolo pulpitino, alcune noiosissime e soporifere vite di santi, piene dei miracoli più sbalorditoi ; ma nessuno le ascoltava; e la voce stanca del disgraziato alunno che doveva ritardare il suo pasto, si perdeva tra l'acciottolio dei bicchieri e delle posate.
   Vi rv
   I maestri del seminario godevano tutti, più o meno, d'una larga riputazione. Primeggiavano sugli altri mio zio, Gabriele (o come a lui meglio piaceva, Gabriello) Cherubini e Don Ariodante Mambelli. Venivano poi in seconda linea Don Domenico Vecchioni e Don Raffaele Martelli. Mio zio insegnava rettorica, ossia qualche cosa che rispondeva, in parte, all'italiano e al latino del liceo e,