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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   la sua vita. La tragica morte d'un monsignore di Napoli, trucidato per ragione di furto da un suo cameriere, lo mise in straordinario sospetto, e non prese più per servitori che degl'imbecilli. Un giorno, nel rimandare indietro un cameriere che si era offerto per il suo servizio: — Ragiona troppo, — osservò. Ma non pensava che quegli imbecilli, se erano sicuri da una parte, non erano sicuri dall'altra, potendo essere docili istrumenti di qualche malvagio. Quando si recava in una sua villetta, piuttosto isolata, in riva al mare, il timore cresceva. Un giorno di agosto, che io mi trovavo con lui, dette ordine che si vagliasse una piccola quantità di grano per mandarlo a vendere nella vicina Pescara. Era fuori stagione per la vendita del grano; ma egli, con quella vendita affrettata, voleva far credere di esser rimasto al verde. E, mentre i contadini vagliavano davanti alla villa, egli dalla finestra s'affannava a ripetere: — Così metto insieme qualche soldo: con tante spese (aveva comprato giorni prima un terreno), con tante spese non so proprio come andare avanti. — Ma i contadini non gli credevano, e curvi sul vaglio che andavano dimenando, se la ridevano sotto i baffi e si guardavano fra loro sottecchi. Mio zio era un uomo molto furbo, ma è pur vero che i furbi (come disse non so chi) in una cosa sola non sogliono esser tali, ossia nel credere che gli altri non siano o non possano essere anch'essi dei furbi.
   Tra mille paure e mille sospetti e mille privazioni, il patrimonio cresceva lentamente, ma cresceva sempre. Egli, superbo di averlo messo insieme, credeva di essere quasi milionario, quando era ancora lontano dal raggiungere la decima parte del milione; cominciò a vagheggiare la propria immortalità nell' immortalità del suo denaro, immaginando una famiglia a cui questo fosse trasmesso di pri-