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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'organismo i cui elementi erano spesso così manchevoli e lo nobilitava. I maestri non erano per la massima parte quello che avrebbero dovuto, ma in quella vita raccolta e senza distrazioni i giovani studiavano, discutevano, si comunicavano le loro idee e si mettevano per certi riguardi al di sopra dei maestri: leggevano libri che i maestri spesso non conoscevano neppure nel titolo ; e gli orizzonti s'allargavano. Non tutti i giovani naturalmente studiavano ; ma chi studiava, studiava davvero e andava a fondo e non conosceva la facile arte di quella coltura acquistata con manualetti, che guai a raschiarla appena appena !
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   Quando, a Colledara, mi fu comunicata la notizia che era giunto per me il momento di andare ad Atri, provai un vago senso di gioia, quella gioia così naturale nei ragazzi davanti a tutto ciò che ha colore di nuovo e di avventuroso: pensavo a tutto quello che avrei trovato e non a ciò che avrei dovuto abbandonare. Arrivò la mattina della partenza: mia madre mise dentro una bisaccia la mia colazione, e, a cavallo a una mula, guidata da un contadino, mi posi in viaggio per Atri, distante da Colledara otto ore di cavallo. Nel momento della partenza, quando vidi che a mia madre si alterava il bel viso per il pianto e che essa si asciugava gli occhi col grembiule, mi sentii anch'io un movimento di angosciosa tenerezza, ma mi consolai presto con le distrazioni del viaggio, con la vaga e indeterminata visione delle cose che mi aspettavo di trovare, coi discorsi del contadino e col pensiero che in Atri c'erano già i miei fratelli, ai quali non sarei più sembrato cosi piccolo e trascurabile,