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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   una volta che andavo anch' io fuori di casa per gli studii. Finalmente, ecco Atri in vista: una lunga linea nera sopra un'elevata collina: nel mezzo spiccavano neri anch'essi sul cielo i due suoi campanili, come due alberi di una nave, uno più aito e uno più basso. Io guardavo, al di là di Atri e della sua collina, una striscia azzurra del colore della coperta nuziale dei miei genitori, ma più bella, più bella assai: si elevava sull'orizzonte e si univa col cielo. — Che cos'è quella striscia azzurra? — È il mare. — Io non avevo mai visto il mare nè da lontano, nè da vicino; e guardai a lungo quella striscia che si metteva in comunicazione con me per mezzo d'una brez-zolina sottile, la quale prendeva attorno alle cose una voce per me nuova e aveva un odore diverso dal vento che veniva dai boschi del Gran Sasso. Ma, mentre ero rapito a guardare quella lunga fascia turchina, di cui sentivo vagamente la grandezza e il mistero, un certo senso di tristezza s'infiltrava nell'anima mia. La collina di Atri e le altre circostanti erano in gran parte aride e pelate. Dov'è tutto quel verde, tutte quelle querce, quelle buone fitte querce che paiono così contente di starsene attorno a Colledara e popolano tutta la Valle Sicula? Mi volto, e la Valle Sicula non si vedeva più; ma il Gran Sasso non mi perdeva di vista : egli vigilava sul suo figliuolo. Mi pareva più piccolo, e il suo viso meno rugoso e come improvvisamente ringiovanito; però il trono sul quale egli posava mi sembrava più arduo e sublime. Ma intanto Atri si avvicinava sempre più, e quella lunga linea nera si divideva in case: apparivano le finestre, I* archilei tura dei campanili si delineava: mi giungeva il suono delle campane. Ed eccomi finalmente in Atri.
   Mi ricevette nel Seminario mio zio, che fece chiamar