l'infima e mi mostravo abbastanza sveglio, benché non del tutto preciso nell'adempimento dei miei doveri.
Dopo poco tempo che ero entrato nell'infima, il ministero mandò a ispezionare le scuole del Seminario; e arrivò un ispettore che aveva una ben curiosa figura: un'aria come d'uccello: basso basso: testa pelata e in parte ricoperta di capelli riportati da una tempia, lunghe e sottili fedine, lungo soprabito, calzoni serrati a coscia, come allora usavano, scarpettine basse e silenziose in modo che chi le portava pareva camminasse sempre su un tappeto invisibile. Visitò le scuole, e venne anche all'infima. Io fui interrogato e risposi benissimo, con grande soddisfazione, come poi mi accorsi, dello zio e del maestro. Nel momento che l'ispettore abbandonava la scuola, gli fummo tutti attorno per baciargli la mano, come usavamo sempre di fare coi superiori. Al primo di noi che gli prese la destra e fece atto di volerla baciare, quel signore, nascondendo la mano inanellata dietro la schiena, disse, con aria di benevola ma altezzosa ammonizione: — La mano non si bacia, si stringe. — Ora penso che quel signore, mandato dal ministro a ispezionare le scuole del Seminario, era uno sciocco. Se tale non fosse stato, non avrebbe cercato di scuotere inutilmente con quella leggerezza e inopportunità le tradizionali idee di rispetto di quei buoni ragazzi.
Di carattere ero mite e obbediente: di rado mi ribellavo alla stessa Rituccia. Mostravo, come ho detto più avanti, una notevole attitudine al disegno, e riempivo i libri e i quaderni di pupazzetti d'ogni genere; e non meno che al disegno avevo una certa inclinazione per i lavorucci meccanici: facevo anche fantocci che, tirando dei fili, eseguivano certi dati movimenti. Fra gli altri bambini mi facevo molti amici per queste mie disposi-