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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   quanto allora si poteva almeno una parte di quello che si sarebbe dovuto studiare dava carattere di serietà e di profondità a tutto l'insegnamento. Perchè dove non arrivava il maestro arrivavano i giovani, i quali in quello che studiavano da sè cercavano di raggiungere la stessa precisione e la stessa diciamo pure profondità di quel che imparavano dal maestro. E si studiava e s'imparava molto. E per me quei due anni d'umanità furono il periodo più ricco di lettura di tutta la mia vita: era una vera febbre. I volumi dell'edizione Barbera e Lemonnier, allora in voga, erano letti con indicibile avidità l'uno dopo l'altro senza guardar molto per il sottile sul loro valore letterario. E poi libri di tutte le edizioni, di tutte le epoche, di tutte le materie alla rinfusa con la voracità di chi sente soprattutto il bisogno di nutrirsi, di crescere, di rendersi gagliardo. Era il periodo più vigoroso dello sviluppo dell'anima ed essa chiedeva combustibile e combustibile, e non aveva tempo di guardar se fosse paglia o quercia o abete o faggio o carbon fossile. Mirabile agilità del cervello giovanile. E non c'era caso che lasciassi qualche volume a mezzo per l'aridità, l'inutilità o la difficoltà della materia: sempre, senza eccezione, fino in fondo. Fino in fondo con le tragedie dello Shak-speare come con le due tragedie e le cantiche del Pellico, col Paradiso perduto come con La Coltivazione dell'Alamanni, coli' Orlando Furioso e col Don Chisciotte, come con la Storia d'Europa del Giambullari. Il frutto di tante letture pur così inuguali e disordinate non tardò a portare i suoi frutti. Quella qualsiasi mia attitudine poetica si rafforzò, si sviluppò, e in questo certo contribuì anche il crescere degli anni, e con meraviglia dei miei compagni io improvvisavo con straordinaria facilità dei versi non del tutto spregevoli. Insomma il lavoro era grande ma