non bastava ad esaurire i tesori di quella poderosa energia giovanile; ed era sopportata e compiuta festosamente, Servite Dominum in laetitia.
£ mentre si trovava tanto tempo per studiare e lavorare si passava molte ore nel servire davvero il Signore, benché non sempre in laetitia. Ogni momento bisognava indossare la cotta per andare alle funzioni di chiesa, per accompagnare morti, per le messe solenni, per le prediche, per le processioni. Le prediche riuscivano per noi noiosissime perchè per lo più convenzionali, vuote, declamatorie, teologiche e piene d'inutili e peste citazioni latine. Ma alle funzioni spesso il nostro divertimento e dirò meglio godimento era intenso. I colori e splendori dei paramenti di quella nobile cattedralé, la solennità del rito, le maestose musiche dell'organo, il canto fermo dei canonici (uno dei cantori più bravi era lo zio), l'odore dell'incenso e la vista più o meno remota delle giovani donne abbigliate a festa ci riempivano gli animi disposti ad accogliere la bellezza dei più nobili ed alti pensieri e sentimenti. E amavamo le processioni perchè esse ci offrivano il modo di fare il giro di tutta la città, almeno nella sua parte principale. Noi sfilavamo in bell'ordine con le nostre cotte di bucato più o meno adorne di ricchi merletti, con un nastrino di vivo colore, a piacere, che svolazzava sul davanti, con le rosse manopole della tonaca; sfilavamo in bell'ordine fra quelle case illuminate dal sole primaverile, sotto quelle finestre popolate di begli occhietti festosi che guardavano i più grandi tra noi con una viva curiosità; e noi alzavamo furtivamente le pupille per guardare come ci raccomandava il predicatore, le bellezze di lassù. La banda o le bande intanto, quelle nostre bande abruzzesi note e ricercate per tutta Europa riempivano l'aria di fremiti sublimi, ma umani, di balli, di