versi latini originali o tradotti e piccole preghiere in prosa latina o italiana. I più bravi ardivano di comporre poesie italiane; e il second'anno di umanità io scrissi un lungo inno in versi sciolti che destò meraviglia nello zio e parve superiore a tutti gli altri componimenti.
Non molti giorni dopo, la ricorrenza della festa di S. Luigi Gonzaga, che, come si sa, è il protettore dei seminaristi, mi porse occasione di dare un altro saggio delle mie disposizioni artistiche. La sera di quella festa, il Seminario illuminava la sua facciata e l'illuminazione era concertata ed eseguita dagli stessi seminaristi. Io lavorai per illuminare la grande terrazza centrale e costruii un trasparente a più colori che rappresentava il S. Pietro di Roma, e riscossi l'approvazione dei miei compagni, dei superiori e del pubblico.
Ma fra queste glorie si maturava una tempesta. Non molto tempo avanti io avevo scritto una satira in terzine contro il Vicerettore del Seminario, ma più per esercizio di poesia e giovanile capriccio che per sentimento di odio e di vendetta. Questo Vicerettore era venuto in Atri di lontana provincia dopo che era morto Don Domenico Vecchioni. Non seppe acquistarsi la simpatia degli alunni ed ho ragion di credere che non piacesse molto neppure a mio zio. Egli si atteggiava a capo dell'Istituto, prendeva provvedimenti senza informarne mio zio e tendeva, anche con mezzi ciarlataneschi, a parer più istruito di mio zio e a scuoterne, se fosse stato possibile, la fama. Mi ricordo ancora di un espediente ciarlatanesco a cui egli credè opportuno di ricorrere in una sua predica nella Cattedrale. Predicava sui giudizi temerarii. A un tratto parve imbarazzato e confuso, sembrava che non sapesse più andare avanti e che avesse dimenticata la predica. I fedeli si guardavano tra loro e non sapevano bene in-