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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Anche in Aquila acquistai presto nella scuola reputazione di poeta; e me l'accrebbi con una poesia S'avessi l'ali, che fu lo svolgimento di un tema assegnato dal maestro. L'impressione che fece questa mia poesia che aveva del montiano, benché forse con più affetto, fu così forte che un professore di scuola normale maschile, nome oggi noto, la fece leggere in pubblica scuola ai suoi scolari.
   Ma verso la metà dell'anno scolastico la mia salute cominciò a non essere più buona, forse per ragione del gran freddo sofferto nell'inverno e che quell'anno arrivò ad Aquila a 14 gradi sotto lo zero: gli alberi nelle giornate serene, che erano naturalmente le più fredde, erano tutti incrostati di ghiaccio e si vedevano i contadini coi ghiacciuoli nella barba e nei baffi, e i muli, gli asini e i cavalli avevano i peli del muso rivestiti di bianco e come canditi. La mattina, per lavarmi, rompevo con una chiave il ghiaccio della brocca. Nella scuola non c'erano stufe: e quando il freddo era proprio insopportabile, si faceva vacanza. Dovei dunque per ragione della salute tornarmene a Colledara prima che finisse l'anno scolastico (1873-74). Mio padre stesso venne a riprendermi e rifeci a cavallo la strada del Vomano. Rimasi un altro anno a Colledara in riposo; poi ripresi gli studi a Teramo e detti gli esami di ammissione alla 3* liceale. Ritrovai gli stessi maestri, tutti ben disposti verso di me e mi furono cortesi agli esami, ai quali non ero, e non potevo essere ben preparato. Durante quell'anno di scuola tradussi in versi sciolti un lungo carme in esametri. Lo traduzione fu pubblicata in appendice al giornale « La provincia » ed ebbi molte lodi pur da chi sapeva riconoscerne i molti e gravi difetti.
   Agli esami di Licenza liceale passai bene le lettere; ma al tema di matematica scritto copiai e agli orali feci