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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   dogli male del Tasso. Un'altra volta, il padre Cesari, nel sentirsi leggere una sua traduzione dal latino, s'era alzato con impeto gridando : — Xe più bela de l'originai; — e il Giordani, alla sua domanda che cosa si richiedesse per scriver bene, aveva risposto : — Nomination, verbin, ac-cusativin, — volendo significare, ed era un gran precetto, che bastava dir le cose1 chiare e naturali.
   Le lezioni a cui egli intercalava gli aneddoti, non erano, in fondo, che una ripetizione e una vana amplificazione dei parchi commenti del Bindi. Aveva la pronunzia romagnola, e diceva Plauto, V avtore, U tomo. Era stato a combattere a Curtatone e a Montanara, ed era partito insieme col « Battaglione universitario. » Questo fatto dava materia anch'esso a una infinità di ricordi e di aneddoti.
   Carlo Alberto l'aveva, passando a cavallo, riconosciuto fra mille, e l'aveva chiamato:
   — Capitano Ferrucci, capitano Ferrucci! —
   Ma la cronaca maligna diceva, che, alla prima scaramuccia, egli s'era salvato nascondendosi in un forno.
   Dopo la vittoria dei Tedeschi, aveva dovuto rifugiarsi a Ginevra, e aveva insegnato in quell' Università. Di questo periodo della sua vita serbava i segni in alcune parole e frasi francesi che adoperava senza alcuna necessità, invece delle italiane. Non diceva mai : — Chiudete la porta; — ma: Fermez la porte. — Alle sue lezioni noi non prestavamo attenzione alcuna ; e la scuola diventava una vera baraonda. Gli stranieri, che ingenuamente venivano a sentirlo, si guardavano tra loro meravigliati ; e mostravano di non saper come spiegare la cosa. Un giorno, mentre egli traduceva Orazio, tutta la scolaresca, o quasi, trascinata da non so quale subitaneo impulso, intonò la Stella confidente, canzone popolare, allora in