Era l'unico studente che lo prendesse sul serio; e segnava appunti su un taccuino. Egli non poteva non rimanere scandalizzato di quella perpetua cagnara, e si aprì un giorno con lo stesso Ferrucci. D Ferrucci, che, quantunque non si rendesse conto neanche della decima parte di quello che succedeva, pure qualche cosa notava, non seppe tacere con noi di quel giudizio dello straniero; e un giorno che era in vena di lamentarsi:
— Anche Monsieur Beauvais — uscì improvvisamente a dire — anche Monsieur Beauvais è rimasto disgustato della vostra leggerezza. —
Non ci volle altro. Quel giorno non era presente Monsieur Beauvais; ma il giorno dopo, che egli tornò a lezione, gli studenti pensarono di prendersi di lui questa stràna vendetta. Uno scolare, da un angolo remoto, chiamava con Voce di falsetto : — Beauvais.... Beauvais.... Beauvais..., — e un altro, dall'angolo opposto, con voce cavernosa, chiamava anche lui : — Beauvais.... Beauvais.... Beauvais.... — Poi, con altra strana voce, un altro chiamava da un altro punto; poi un altro più in là; poi un altro più in qua. Il povero Monsieur Beauvais sulle prime si voltò alle chiamate col viso sconvolto ; poi, quando si vide sopraffatto da quella grandine che diveniva sempre più fìlrioBa, non si voltò più ; abbassò il capo, e vergognoso, annichilito, non si mosse più per tutto il tempo della lezione. Non pensò neppure ad andarsene via, forse perchè questo, secondo lui, poteva parere una mancanza di riguardo al maestro. Da quel giorno Monsieur Beauvais non si fece più vedere alle nostre lezioni.
Altri curiosi fatterelli accadevano alla Normale, alla lezione di magistero. Là il Ferrucci faceva fare degli esercizi di traduzione dall'italiano in latino. Ognuno sceglieva il passo che credeva meglio, e faceva la traduzione. Il