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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   senilità avanzata; invece, quelii che lo avevano conosciuto nella giovinezza, sostenevano che, cogli anni, egli era venuto sensibilmente migliorando.
   L'amico indivisibile del Ferrucci era Ferdinando Ranalli. Fra loro s'intendevano a meraviglia; e il nostro contegno nella scuola del Ranalli s'accostava molto a quello che tenevamo col Ferrucci. Il Ranalli, peṛ, era molto meno vecchio e aveva senza paragone più testa del suo compagno. Il Ferrucci lo riconosceva, e si metteva da sè al secondo posto. Le lezioni del Ranalli sembravano fatte, per quel che riguarda la critica storica, da un letterato del secolo XVI. Egli l'aveva coi « tedeschi » e coi loro studi, che non conosceva punto, e pronunziava i loro nomi, e i nomi degli stranieri in genere, in maniera tutta sua: « il Ńèburre » egli diceva, « il signor di Voltaire » ; e alcuni sostenevano, ma io non l'ho mai sentito, che egli dicesse « il Signor delle Carte » per il « Descartes ». Parlava di Enea e dei primi tempi di Roma con la stessa fede e sicurezza che dei fatti del giorno avanti: — «Enea, da quell'uomo che egli era, Caṕ.... Per quanto io mediti, non trovo nulla che tanto faccia onore a Camillo, quanto il fatto dei Falisci.... ». Sono sue frasi, ancora vive nella mia mente. Diceva In-ghilesi, il Ministero del civanzo, gli archibusi, invece di Inglesi, il Ministero delle Finanze, i fucili.
   Era un uomo di altri tempi, che, essendo tornato improvvisamente in vita, aveva cercato di adattare, per quanto era possibile, il vecchio linguaggio al pensiero nuovo. Del resto, nessuno meglio di lui conosceva la lingua dei nostri classici, specialmente di quelli del 500, che sapeva, sto per dire, tutti a memoria. Aveva scritto delle pagine di storia d'arte e di storia civile molto interessanti, non solo per il modo come le cose erano dette,