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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   sempre più in lui quel suo caratteristico sentimento di disprezzo per il tempo nostro. Qualche volta, trovandosi a parlar col D'Ancona, il Feirucci e il Ranalli si sfogavano anche con lui della nostra leggerezza ; e il D'Ancona sorrideva e li canzonava, senza parere, coti qualche suo motto arguto e a doppio senso.
   Ma veramente ne trovavamo di tette. Nei registro che teneva il professore, ognuno doveva scrivere il proprio nome da se. Nel registro del Ranalli un nostro compagno, che aveva un nome di tre lettere di cui la mediana era u, e con l'accento sull'ultima, segnò l'accento in modo che sembrasse il punto d'un i, il quale poteva essere rappresentato da una branca dell'u; e ne veniva fuori, a prima vista, una parola indecente. Questo lo fece per non essere mai chiamato; e, infatti, il Ranalli, arrivato a quel nome, si fermava, stava dubbioso un momento con le enormi sopracciglia aggrottate, e poi tirava avanti.
   Alla lista reale degli studenti ci fu chi aggiunse un nome immaginario, almeno per la nostra scuola : Canta-lamessa. Il nome, così lungo, dava modo al Ranalli di esplicare tutti i toni della sua voce, dai più alti ai più bassi, che erano ordinariamente i finali. Quando quel nome vano senza soggetto risonava nell'aula, potete immaginare le risate e gli urli. Ma il Ranalli credeva che si strepitasse perchè fosse il nome di uno scolaro sbuccione, che non veniva mai a scuola ; e un giorno osservò : — Ma come farà questo Garitalamessa all'esame? — E noi rincaravamo la dose contro quél povero Cantala-messa, accusandolo, con urli sempre crescenti, di esser un bontempone, un dissipato, e di tradire le speranze degli sventurati genitori.
   Qualche volta, il Ranalli, dopo aver fatto un certo ntimero di lezioni, assegnava un lavoro sulla materia spie-