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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   pagai avevano la più chiara percezione del mio stato; e quei briganti mi mandavano da tutte le parti sbuffi di risa. Così s'accresceva il mio imbarazzo; veniva da ridere anche a me ; e, per non ridere, cercavo d'arrabbiarmi e aggrottavo le ciglia ; ma il riso vinceva : facevo una voce strana e come di pianto. S'andò così avanti forse per venti minuti, che a me parvero un secolo. Quand'ecco il Ranalli mi ordinò di fermarmi; e: — Lei, — disse, — ha fatto il suo lavoro: va bene; ma è un po'prolisso: amerei che ora riassumesse quello che ha scritto. — Appena dette queste parole, i miei compagni che mi avevan seguito con tanto amore nella lettura, ed erano pienamente persuasi che non ci avevo capito nulla, dettero in una immensa clamorosa risata ; e, non potendone più, scoppiai a ridere anch' io irrefrenabilmente.
   Ranalli stette un poco sospeso ; inchinò i neri sopraccigli, e, alla fine, disse, rivolto a me: — Lei è uno dei più negligenti! Io non so come farà agli esami. — Proprio come Cantalamessa.
   Ma le sue minacce non avevano seguito. Il Ferrucci, almeno, ci conosceva tutti ; ma il Ranalli non conosceva nessuno nè di nome nè di faccia ; eppoi non era capace di vendicarsi ; e agli esami era come se nulla fosse stato.
   Le sue ore migliori erano quelle che egli passava in biblioteca, rimpiangendo il bel tempo passato, accanto al suo Michele. In una sala delle più remote e delle più membranacee, nel vano d'un balcone, sedevano e leggevano Tito Livio. Ora leggeva Ferdinando, ora Michele. Nei punti più magistrali smettevano di leggere, e, in svenimenti di ammirazione, cadevano l'uno nelle braccia dell'altro : — Oh Dio, Ferdinando ! — Oh Dio, Michele! — Ma sotto quell' amore così sviscerato, covava il fuoco dell' invidia, specialmente da parte di Ferrucci per Ranalli,