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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   piedi con le mani ». Un professore di legge, che foderava sempre il discorso, minacciava: «Ci rivedremo all'esame.... ci rivedremo.... ». Il Ranalli aveva un periodo magistrale che incominciava Giovani baliosi.... Insomma, il numero riusci bene per lo spirito e il garbo delle caricature e dei motti, ed acquistò una certa celebrità.
   Ma fra tanta gioia di vita tre fatti accaddero, di natura diversa, dei quali uno riuscì funestissimo per me e per la mia famiglia, l'altro interessò e addolorò tutta l'Italia e tutto il mondo civile, e il terzo turbò per un po' di tempo la proverbiale quiete della città di Pisa e la spensierata vita dei suoi scolari.
   La notte del 1° marzo 1880, io feci un sogno spaventoso. Mi pareva di essere a Colledara, mio villaggio nativo, nella stanza da letto di mio padre, e più precisamente in quell'angolo di essa dove si trovava la catinella. Nella catinella io ero occupato a lavare, lavare, a una pallida luce di crepuscolo, senza saper perchè, un'orrida testa di morto, di cui rivedo ancora le poche ciocche di capelli, lisce e bagnate. La bocca era come un'oscura caverna, e le mancavano parecchi denti.
   La mattina, raccontai il sogno, che mi era rimasto vivamente impresso, alla padrona di casa. — Mancavano dei denti alla testa? porta male, — osservò la padrona. Lì per li non ci pensai più; ma, il giorno, mentre ero a lezione all'Università, venne un compagno a chiamarmi, e mi disse che alla Normale era stato recapitato un telegramma per me. Il telegramma portava la firma d'un amico di casa nostra, e diceva : « Tornate subito : vostro padre gravemente ammalato ». Non parlerò'del mio stra-