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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   zio per la notizia improvvisa. Il giorno avanti, avevo ricevuto una lettera di mio padre dentro la quale egli mi aveva spedito le solite 25 lire mensili e mi aveva fatto, come d'abitudine, la raccomandazione di pensare alle ristrettezze della famiglia e di far vita economica.
   Corsi a casa; ma il povero mio padre era stato già seppellito. Gli amici che incontrai per strada e che già sapevano la sua morte, non credettero di dovermi dire la verità, e io m'immaginavo di trovarlo vivo. Trovai invece la casa in gran confusione, piena di parenti e di amici, e mia madre a letto. La mattina del giorno avanti, mio padre era uscito per recarsi a un podere, e, per non strapazzare la giumenta, non si mise a cavallo subito, e fece a piedi la piccola discesa sotto le case di Colledara. Quando volle montare a cavallo, tentò invano di mettere un piede nella staffa, e s'affannava a scacciare un puledro che s'avvicinava alla giumenta e che dovè parere a mio padre, in quell'istante, la vera causa del suo impaccio. Finalmente, si passò una mano sulla fronte e cadde in ginocchio. Erano con lui un contadino e una contadina. Il contadino restò a custodirlo, e la contadina volò a casa a dare l'orribile Notizia. Mia madre corse così come si trovava per casa, in pantofole. Due contadini riportarono il Babbo seduto sopra una sedia. Ma egli non parlò più, nè dette alcun segno di vita intellettuale; e, dopo sette ore di rantolo, quel caratteristico e lugubre rantolo dell' apoplessia, spirò. Invano mia madre, che era salita sul letto e pendeva sul caro viso, invano l'abbracciava, lo scoteva, lo baciava, chiamandolo coi teneri nomi usati nei giorni del più fervido amore: egli non parlò più, nè mostrò di ascoltare quelle strida e quelle tenere parole di colei che egli aveva tanto amato. Non gli restava più senso alcuno per mettersi in