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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   romanzesco; e già pregustavamo l'elaborazione fantastica di cui l'avrebbe abbellita l'avvenire. Non ci riuscì d'aver un biglietto per andare al Parlamento a vedere re Umberto giurare la costituzione; ma potemmo applaudire al suo passaggio in piazza Colonna e salutare la grazia della prima e giovine Regina.
   Sentivamo dalla piazza l'eco degli applausi dei deputati al momento solenne del giuramento. Anche allora il cannone faceva udire i suoi cupi tonfi, nunzi di grandi fatti: le bande sonavano, le signore sventolavano i fazzoletti; gli uomini battevano le mani; il sole risplendeva in tutta la sua luce ; e io non parlavo più col mio amico e guardavo fisso davanti a me: mi pareva di avere un nodo alla gola, e le palpebre battevano rapidamente. Era la commozione che suscitano nell' anima le cose grandi e belle.
   La mattina dopo del giuramento, ripartimmo per Pisa. Per la straordinaria fùria delle partenze di tutti i forestieri che erano venuti ih Roma, i vagoni scarseggiavano ; ed erano stati rimessi in vita gli antichi vagoni di terza classe con larghe finestre, o, meglio loggiati, senza vetri : vagoni più adatti per le bestie che per gli uomini. Era un' azzurra e limpida giornata piena di sole, e, non ostante che si fosse in gennaio, l'aria era tiepida. Con l'idea di godere la bella giornata, noi montammo su uno di quei vagoni aperti. Finché il treno stette fermo, tutto andò bene; ma, appena cominciò a correre, fummo assaliti da un freddo così intenso che ci pareva di morire. Mandammo giù in un momento tutti quei pochi liquori che avevamo con noi; ma il freddo non poteva essere domato. A me pareva di essere divenuto penetrabile al .vento e che fossi traversato da esso da parte a parte. A un nostro compagno di viaggio, un uomo sulla cinquantina, si gelarono le mani, e non se le sentiva più.