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a cura di Federico Adamoli Aderisci al progetto!
politico, ma fu senz'altro lotta fra beceri e studenti. La città che aveva negli studenti la sua principale fonte di vita e di guadagno, deplorava quegli asti e quelle violenze, e si mostrava impensierita. L'apprensione divenne paura, quando gli studenti, più che mai irritati e stanchi, vennero alla decisione di abbandonare Pisa in massa e di andare o a Bologna o a Siena. Io non credevo allora, e oggi neppure lo credo, che gli studenti facessero proprio sul serio ; e forse, più che da altro, erano mossi da vanità giovanile, dal desiderio di vedersi presi in considerazione dal pubblico e dai giornali ; e soprattutto da quel desiderio che è sempre il primo negli scolari e che si maschera in mille modi, anche dei sentimenti più nobili e delicati, e che vive e fiorisce in fondo a tutti gli altri desideri, voglio dir quello di non andare a scuola. Ma, a ogni modo, siccome il fatto di queste emigrazioni in massa non era nuovo, nella storia delle Università ; e quella di Siena aveva appunto avuto origine da una di tali fughe da Bologna ; quelli che conoscevano i fatti del passato, tra i quali era il D'Ancona, se ne mostravano seriamente impensieriti, e accrescevano con l'autorità del loro nome il timore degli altri. Un giorno gli studenti fecero una solenne adunanza per prendere l'ultima decisione. Volli andare anch'io a quell'adunanza, benché pensassi che, se io avessi lasciato Pisa, dove c'era la Normale, che mi dava il sussidio, il babbo, poveretto, non avrebbe saputo come farmi andare avanti e come provvedere ai casi miei. Il D'Ancona era sulla porta dell' edi-fizio, la Scuola di medicina, dove si teneva l'adunanza ; e, avendomi visto quasi vergognoso e titubante per la sua presenza, mi chiamò a nome e m'incoraggiò:
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