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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   nel giudizio su di me, egli fosse, in quel momento, proprio sincero.
   Nel punto più turbinoso e incomposto dell'adunanza, arrivò il Prefetto; ma fu accolto male: cominciavano i sintomi di quella ribellione alle autorità, che poi, bene o male che sia, è diventata sistematica. Mentre egli parlava e raccomandava la calma, qua e là risonavano cupi muggiti, voci che gli rifacevano il verso, e qualche sibilo : pareva d'essere alla scuola del Ferrucci, moltiplicata per quindici o venti, e con altrettanti monsieurs Beauvais. Finalmente il Prefetto se ne andò ; gli studenti decisero, per allora, di non frequentare la scuola e di stare a vedere come si mettevano le cose. Ma, a poco a poco, le cose si accomodarono, prima di tutto per i numerosi arresti dei beceri più facinorosi, e poi perchè gli studenti, raggiunto il loro scopo principale, di aver molte vacanze, facilmente si ammansirono e obliarono i tragici propositi. Tornarono a bere tranquillamente il poncino nero e a giocare a domino all'Ussero, e, la sera tardi, a cantare lung'Arno, a voce spiegata:
   Ah sì si, moretta mia,
   Tutto il bene lo voglio a te!...
   Appena morto mio padre, mio zio, la cui anima già si veniva raccogliendo e rimpiccolendo attorno all'aumento e all'adorazione dei suo patrimonio, ebbe una nuova paura : pensò che io potessi credere di dover trovare in lui un secondo padre e che ciò gli dovesse produrre delle noie e delle richieste di danaro. Perciò mi scrisse una lunga lettera nella quale mi faceva capire che ormai io potevo fare da me e che dovevo uscire, come si dice, di pupillo e non ponessi in nessun modo la mia fiducia in lui. Diceva il vero, e diceva bene, ma diceva