una cosa che era meglio non dirla specialmente in quel-l'occasione. Ma bisogna confessare ch'egli era alquanto irritato con me per ragione dei miei principii diremo religiosi. Egli voleva ad ogni costo che io adempissi il mio precetto pasquale e pretendeva che gli mandassi in prova il bigliettino rilasciato dal parroco. Per una volta, due, tre ebbi la debolezza di procurarmi con astuzie e quattrini i biglietti ; ma finalmente, essendo la bugia e il sotterfugio del tutto contrarli al mio carattere, mi ribellai a quelle meschinità e quelle stolte pretensioni dello zio e gli scrissi chiaro e tondo che io di precetti pasquali -non ne volevo sapere perchè le mie convinzioni erano così e così.
Lo zio stette parecchio tempo senza scrivermi, e poi seppi da un parroco mio amico che, essendo in quei giorni andato a far visita allo zio e avendogli domandato mie notizie, lo zio aveva alzato gli occhi al cielo e mandando un profondo sospiro aveva risposto, col solito suo accento solenne e declamatorio : — Eh Fedele ! Fedele è perduto. —
Questi sono i fatti e i ricordi principali della mia vita di studente universitario che si chiuse il 30 giugno 1880, giorno in cui presi solennemente la Laurea nell' aula magna del palazzo della Sapienza a Pisa. Furono miei compagni di Laurea il Mazzoni, il Novati, il Della Giovanna, Giuseppe Morici, Giuseppe Mazzatinti, Pasquale Tode-schini, Piero Vanzolini, Cesare Giuliani nipote del rinomato studioso di Dante e di lingua Giambattista.
Durante i quattro anni d'università non avevo studiato molto, ma mi ero arricchito di parecchi severi e giusti principii letterarii specialmente per merito del D'Ancona e della familiare consuetudine tra noi compagni: principii che mi potevano riuscir utili, qualunque fosse per essere il cammino che io avrei preso, per tutta la vita.