carsi; il che dà spesso origine ancor oggi a odii e di-scussioni senza fine, che qualche volta sono soffocate nel sangue. Meglio sarebbe scriverne serenamente: scrivendo è più facile evitare per più ragioni gli urti personali e gli avvertimenti sono ricevuti con più calma. Così tra le osservazioni degli uni e quelle degli altri, e i miglioramenti che possono conseguirne, la civiltà e il progresso si apre il suo largo e trionfale cammino.
E io credo come tanti credono che dalle province del mezzogiorno verrà gran parte della nuova forza d'Italia; laggiù si elaborano, si preparano oscure energie di cui oggi nessuno può ancora conoscere il vero valore. Quello che potrà dare l'alta Italia lo si può fin d'ora prevedere e giudicare; nessuno può ancora dire quanto vigore di vita ci potrà venire dalla scomposta moltitudine che si agita e ondeggia nelle province del mezzogiorno così poco conosciuto e perciò spesso così disprezzato.
Durante il tempo che io ero a Potenza, nel gennaio del 188Ì, il povero Umberto e Margherita fecero un giro nelle provincie meridionali e vennero anche nella città dov'io mi trovavo. Furono molte le scene comiche a cui dette origine il loro passaggio nelle piccole stazioni, dqve ogni Sindaco e le Giunte Municipali attendevano per salutarli. Mi ricordo ancora d'un Sindaco che domandò al Re, alludendo al principe ereditario: — Come sta il ragazzo? —
A Potenza adornarono, il meglio che poterono, per ricevere i Sovrani, il palazzo della Prefettura. Il teatro è nella stessa piazza della prefettura; avevano ciò non ostante disposto che il re per la serata di gala vi andasse in carrozza, perchè nella piazza si affondava nel fango; ma venuta l'ora del teatro, il re, forse per fare un atto di popolarità, disse che era suo desiderio di andarvi a