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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Da questi racconti non ci si faccia un'idea che in Calabria sian tutti briganti : briganti ce ne sono stati e terribili, chi non lo sa? ma la popolazione è nella sua massima parte gente bonaria e tranquilla, che sente profondamente l'amicizia e gli affetti di famiglia. Capisco, per altro, che sono i calabresi stessi i quali, allorché vanno fuori del loro paese, cercano di convalidare ed accrescere quella riputazione di- briganti, che la tradizione assegna ad essi; poiché ad ogni piccola questione sono sempre a ripetere e a minacciare : — Bada sai, che son calabrese; ti farò vedere io di che sia capace un calabrese. — E tante volte per fare onore al loro paese attuano le minacce. Sicché i calabresi e non soltanto i calabresi, quando vanno lontano dalla loro terra amano di riprendere per un malinteso sentimento regionale quei caratteri che la civiltà ha scancellati o attenuati nel loro paese, ma che la tradizione tiene ancor vivi nella memoria degli altri paesi. Insomma essi vogliono parere più che come sono in realtà, come gli altri si ostinano a immaginarseli, e fanno male.
   Ricordo ancora le belle serate passate insieme coi miei buoni amici di Cosenza, che erano nello stesso tempo persone gentili e intelligenti; ma forse essi stessi, usciti dal loro paese, se avessero ricevuto, o fosse loro parso di ricevere qualche torto, avrebbero esclamato: — Bada ve', che son calabrese! —
   Io intanto continuavo a studiare assiduamente e ad alzarmi molto presto la mattina per prepararmi alle lezioni. Ma in questo tempo, o fosse effetto del soverchio lavoro o dell'aria un po' pesante di Cosenza o di alcuni profondi patemi di animo da cui ero stato oppresso in quei giorni, il fatto si è che cominciò a manifestarmisi una gravé e strana malattia. Parlar delle proprie malattie