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a cura di Federico Adamoli Aderisci al progetto!
un congedo e me ne tornai negli Abruzzi. Ma ecco che mi sopraggiunse un male peggiore. Le tante paure, i terribili sussulti nervosi, le frequenti angosce mi avevano, esaurito il sistema nervoso e fui preso dalla più profonda, dalla più tetra delle ipocondrie. Io non avrei mai creduto che un uomo potesse soffrir tanto e rimaner vivo. Tutto il mondo si oscurò per me, nulla più mi rallegrava; era cessata ogni corrispondenza tra me e la natura; il verde dei colli, il rumore del fiume nella valle, lo splendore del sole non mi dicevano più nulla; credevo di dover perder la testa da un momento all'altro; e questo pensiero non mi lasciava un momento solo; nessuna fiducia più nell'energia e nella durata della vita; temevo di camminare solo nelle vie e specialmente nei luoghi larghi e spaziosi dove non avrei potuto trovare un appoggio cadendo; m'incoraggiava la presenza d'un medico o la vicinanza d'una farmacia; il tempo che scorreva mi faceva spavento e non sapevo come riempirlo. Gli accessi angosciosi di palpitazione si ripetevano qualche volta, per altro con minor gravità di prima, ma le mie sofferenze morali erano maggiori di quelle provate negli accessi più gravi di convulsioni cardiache.
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