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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   riarsi. Anche i miei scolari di ginnasio superiore mi erano molto affezionati ; ad essi piaceva quel mio modo di far scuola.alla buona, senza neppur l'ombra del tono cosiddetto cattedratico, e la vivacità e il buon umore con cui io facevo scuola. La mia scuola aveva tutta l'aria di una piacevole conversazione e io facevo di tutto perchè i ragazzi la frequentassero volentieri, come un luogo di divertimento.
   Nel mese di marzo partii per la nuova residenza e andai a imbarcarmi a Civitavecchia. La distanza tra questa città e il golfo degli Aranci, rada d'approdo in Sardegna, è di 220 chilometri. Era il primo viaggio di mare che facevo; ed ero contento d'affrontare questa novità e quel certo vago pericolo che porta sempre con sè un viaggio di mare. Passeggiavo sulla coperta del piroscafo nei momenti che precedevano la partenza e i marinai erano tutti in faccende per i preparativi del viaggio. Uno di essi giiardò il cielo e disse al compagno mentre era corso a tirare una fune: — Stanotte si ballerà. — Io sorrisi, senza dar molta importanza a queste parole che io non comprendevo nel loro vero significato. Finalmente la sirena mandò il sibilo della partenza e il piroscafo prese la sua via. Subito dopo suonò la campanella del pranzo e io andai sotto, nella sala dov'era imbandita la tavola. Nell'entrare incontrai una signora che lamentandosi s'avanzava lentamente verso la scaletta che portava in coperta, e si reggeva al braccio di suo marito. Io pensai: — Povera donna! per un semplice ondulamelo della barca, ecco che questa signora si sente morire. A me non accadrà certo lo stesso. — E confortato da quest' ultimo sentimento di egoismo, mi sedei a tavola e cominciai allegramente a mangiare. Ma a un tratto mi parve mi mancasse il terreno sotto i piedi come se il