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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   suolo sprofondasse in un abisso e io andassi giù insieme con esso. Nello stesso tempo un sudore freddo mi bagnò la fronte e cominciai a sbadigliare convulsamente. Fui obbligato a lasciare la pietanza e correre in coperta. Ma li all'aria aperta, se da una parte avevo un qualche sollievo, per essermi liberato da quell'oleoso e nauseante odore di stiva e di macchine unte che riempie più o meno tutte le viscere del bastimento, dall'altra ero tormentato dalla vista degli alberi che s'inchinavano lentamente, che lentamente risorgevano e si raddrizzavano per poi tornar di nuovo a inchinarsi. Hanno molto scritto e detto sulle cause del mal di mare, ma io mi son formato un'idea che dipenda soprattutto dalla diversità di movimenti tra il nostro corpo e la nave; la nave vibra e si muove in un senso e il nostro corpo- fa movimenti in un altro, del tutto differenti da quelli del vasto organismo che lo trasporta. Perciò anche il terremoto suol produrre gli stessi fenomeni morbosi. Io provai una volta un gran conforto a seguire i consigli del comandante d'un piroscafo francese, che mi raccomandò di sdraiarmi come morto e di rendermi parte integrale del bastimento. Così io ricevevo gli stessi suoi impulsi e vivevo della sua vita.
   Ma che dire di quelli i quali si ostinano a credere che il mal di mare sia una conseguenza della fantasia prevenuta, o, come oggi si suol dire, di una suggestione? Io non ero punto disposto a credere che il mal di mare mi dovesse venire e mi venne. Il mal di mare viene anche agli animali, per esempio alle galline e ai cavalli: i quali non credo che siano soggetti da lasciarsi così facilmente suggestionare.
   Mentre ero in coperta e respiravo l'aria pura e fresca venne a raggiungermi un mio collega ammogliato, obbligato a fare il mio stesso viaggio, il quale era alterato,