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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   ma non quanto mi pareva che sarei stato io nella sua stessa condizione, perchč un cameriere che era accorso ad aiutare la sua signora colta dal male aveva cercato, profittando della prostrazione della poveretta, di dar soccorsi pił intimi che non fossero stati richiesti. Io lo confortai come potevo in mezzo agli accessi del mio disturbo, e gli feci capire che la vita del mare era del tutto diversa per ogni riguardo da quella della terra.
   Pił tardi fui obbligato dal sonno e dalla spossatezza ad andar sotto coperta anch' io a sdraiarmi in una cuccetta. Il mare diventava sempre pił furioso e io stetti molto male per tutta la notte. Sentivo mille rumori indefiniti; la mole della nave scricchiolava tutta come in una contorsione convulsa : ogni tanto un poderoso terribile schiaffo delle onde la percoteva e ricopriva con fragore spumeggiante J e al di sopra di tutti i fragori risonava lugubre il tan tan della campana del comandante. Allo scarso lume del dormitorio vedevo alcune valige che rotolavano sul pavimento e una sciabola attaccata a un gancio che faceva il pendolo e tintinnava. Tratto tratto alcune voci lontane femminili si facevano strada attraverso tutti gli altri rumori e fracassi : — Cameriere ! Cameriere! — A me pareva un sogno la mia vita sul continente e domandavo a me stesso se era proprio vero che avevo lą amici e parenti, se era proprio vero tutto quello che mi era accaduto prima della partenza e al momento di essa e se era proprio vero che io mi trovassi sopra tutta quell, acqua. E avrei finalmente messo di nuovo i piedi sulla terra? E il mare intanto, quasi a farsi beffe dei miei pensieri e dei dubbii, rispondeva con uno dei pił spaventosi schianti e sbuffi, e se guardavo attraverso il piccolo tondo finestrino vedevo nere montagne di acqua che s'avanzavano l'una dopa l'altra e