sardo incrocia il pollice con l1 indice e giura sul suo lugubre e terribile per Deu. In molti paesi si fanno in molti casi più chiacchiere che altro: il sardo non fa chiacchiere.
Si son fatte e si possono ancora fare molte critiche e molte osservazioni a questo spirito di vendetta e chiamar barbari e selvaggi quelli che ancora s'ispirano ad esso. Non saremo, credo, così severi, se vogliamo fermarci a fare qualche considerazione. Crediamo noi di essere esenti da questo spirito di vendetta? Quanti sono che nell'arresto e nella punizione del colpevole non trovano uno sfogo al proprio desiderio di vendetta? Perchè il popolo vuole ad ogni costo che l'assassino sia preso e punito. Ci sono di quelli che si affliggono, invece di consolarsi, se sentono che un omicida più che un birbante è un pazzo ; perchè, come si fa a vendicarsi di un pazzo? Il linciaggio che pure ha luogo in civilissimi paesi, non è che una vendetta; i pugni e i calci con cui la folla assale spesso il reo sono anch'essi una vendetta, e più delle volte una vilissima vendetta, perchè il leone è legato ed impotente. Questo sentimento di vendetta è ordinariamente così forte che, per acquietarlo e soddisfarlo, la polizia al primo momento del delitto arresta spesso per arrestare e arresta chi può. Ma l'ipocrisia dei nostri paesi civili porta che certi crudeli desiderii si debbano spiegare con la reazione del sentimento morale offeso.
A giustificazione di tutti quelli che coltivano apertamente il sentimento della vendetta, bisogna anche considerare che nella punizione, chiamiamola pure così, della legge, essi non sempre riescono a vedere una giusta proporzione col delitto. Un tale ha ucciso con una pugnalata al cuore un mio parente, e può essere condannato, poniamo, a soli tre anni, se pure non è assolto. L'as-
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