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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   c'erano alcuni contadini e il proprietario, che attendevano alla trebbiatura del grano. Il proprietario si avvicinò a noi tra il sospettoso e l'incuriosito. Era una bella figura d'uomo con la barba nera, lo sguardo torvo, vestito nel perfetto costume sardo: alla cintura aveva le cartucce. Il suo aspetto nell'insieme non era molto rassicurante; egli aveva tutta l'aria di un capo brigante. Ci avevano detto prima di partire, che il modo più sicuro per evitare il pericolo di essere spogliati era quello di dichiarare subito, ad ogni incontro che potesse parere sospetto: — Siamo maestri, siamo maestri. — Tanto i maestri godevano poco la stima e la fiducia dei ladri. Noi seguimmo il consiglio e appena il truce personaggio si fu del tutto avvicinato e ci domandò chi fossimo e dove andassimo: — Siamo maestri! — rispondemmo subito. Egli non disse nulla ma ci guardò, ci squadrò da capo a piedi con uno sguardo cosi profondamente indagatore che ci riempì di confusione, ed io lo sento ancora nell'anima.
   Forse gli sembrammo sinceri, perchè prese subito un'aria più fiduciosa e bonaria. Parve interessarsi in qualche modo al racconto delle nostre sventure di viaggio. Poi si ritirò e noi aspettammo che passasse qualche altro carro per il rimorchio. Il carro passò e potemmo arrivare a una cantoniera dove trovammo due cavalli, che ci portarono finalmente con una certa sollecitudine fino a Nuoro; arrivammo tardi, di notte, mentre avremmo dovuto arrivare prima di mezzogiorno. Neil' ultima tappa coi buoi, quando passammo nel punto dove era stata aggredita la diligenza del colonnello, in quel luogo deserto e nascosto, con quel lento passo degli animali, che ci pareva divenuto ancora più lento, ci guardammo attorno e ci sembrava ogni momento di dover essere cir-