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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   pensiero del mare, quel mare che anche rimirandolo dal punto più vicino al continente italiano, non era largo meno di 222 chilometri. Spesso, l'inverno, il piroscafo non poteva partire e la posta non m'arrivava. E io domandavo a me stesso che cosa avrei fatto il giorno che chiamato, in fretta a casa, dove aveva ancora viva la mamma e non in buona salute, avessi dovuto restar fermo sulla riva del Golfo degli Aranci, perchè il piroscafo o non era venuto o non poteva partire. Il colera negli ultimi due anni che io fui nell' isola aveva contribuito a farmi sentire maggiormente il danno di certe difficoltà e di certi ostacoli. Dopo le prime vacanze fui obbligato al ritorno. (1885) a fare la quarantena al Golfo degli Aranci. La quarantena era di dieci giorni e dovei per essa abbreviare le vacanze, e il Ministero col suo solito sentimento di giustizia volle che noi ci trovassimo, come il colera fosse colpa nostra, per il giorno fissato in tutto il regno, agli esami di riparazione, ossia per il 1° ottobre. La partenza quella volta avvenne da Livorno e non da Civitavecchia poiché era prescritto che solo da Livorno si potesse partire per la Sardegna. Nei dieci giorni che rimanemmo fermi nella rada cercammo di passare il tempo il meglio che si poteva. Eravamo in molti uomini e donne e c'era anche il vescovo di Cagliari. Si facevano allegri pranzi in coperta e il buon umore tenuto desto e avvivato dall'aria pura del mare e dalle saporite e numerose pietanze e dagli ottimi vini sfogava in brindisi e loquacità irrefrenabile. I divertimenti e i giuochi erano molti ; ogni mattina si scriveva il programma umoristico della giornata e l'attaccavamo all'albero maestro perchè ognuno potesse leggerlo. Si trovava con noi un viaggiatore di commercio con un inesauribile repertorio di aneddoti, di giuochi e di canzonette d'ogni