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Colledara
- aggiuntovi: Da Colledara a Firenze
Fedele Romani
R. Bemporad & Figlio, 1915, pagine 335

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   tena, la quale era anche molto costosa, perchè dovendo restare in mare tanti giorni, conveniva prendere la prima classe, io e un mio collega ed amico pensammo di partire da Nizza. Per la provenienza dalla Francia non c'era quarantena con la Sardegna. Così vidi Nizza per la prima volta e mi parve elegantissima e bellissima. Mi fermai anche a Genova che non avevo mai vista, ma per poche ore. 11 piroscafo francese che doveva portarci a Porto Torres si fermò per una serata nelle acque di Aiaccio. Io ne profittai per dare un'occhiata alla città e scesi a terra col mio amico. La città che è molto bella, come tutti i paesi disposti ad anfiteatro, a vederla dal mare appare bella e graziosa,, benché piuttosto piccola quando ci si è dentro. Mi parve anche meglio tenuta e curata di Sassari. Si sentiva che apparteneva a una nazione più progredita della nostra. Provavo pena a vedere che quasi tutti i nomi dei cartelli delle botteghe erano italiani. La Corsica, non so perchè, non è terra irredenta e da redimersi; eppure di tutti i paesi italiani che non fanno parte del Pegno, è quello che, se si toglie Malta, nel passato ha avuto più stretti legami con la terra italiana. Con viva curiosità sentivo il dialetto, che mi pareva così vicino ai dialetti della Calabria e della Sicilia. Al caffè quando le persone civili discorrevano tra loro passavano continuamente con grande facilità e naturalezza dal dialetto alla lingua francese e dalla lingua francese al dialetto. Avveniva loro quello che avviene a noi col dialetto e l'italiano: quando parliamo più in confidenza e di cose ordinarie ci riesce più comodo il dialetto, ma quando cambia la materia e s'innalza il tono del discorso allora preferiamo la lingua. Per altro nel caso di Aiaccio era più sensibile e faceva più impressione il passaggio repentino. perchè avveniva tra un dialetto e una lingua stra-