Stai consultando: 'Il Comune Teramano nella sua vita intima e pubblica', Francesco Savini

   

Pagina (128/635)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (128/635)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
Francesco Savini
Forzani e C., 1895, pagine 612

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   I OD Parte III - II comune teramano nell' évo medio.
   con la pace di Costanza, fruttò alle città la giurisdizione dei conti e assicurò loro insieme la libertà municipale. Ma torniamo allo svolgimento della pubblica potestà, la quale, a giudizio anche dello Hegel (i), pervenne nelle mani del popolo malgrado la dominazione vescovile. A questa egli ascrive « soltanto un' influenza in-« diretta sull'origine delle cittadine libertà, stantechè queste sorsero « più rapidamente per la reazione su di loro esercitata dal potere « ecclesiastico, nel che non avevano pane alcuna le proprietà ca-« ratteristiche ed essenziali della supremazia episcopale » (2). Né i vescovi restavano inerti innanzi a sì gravi minacce per la loro autorità temporale e noi abbiamo visto più sopra (cap. ix, § 3) il vescovo di Cremona sin dal secolo ix resistere alle invasioni popolari del suo potere, e vedremo nel seguente paragrafo la stessa ripugnanza nel vescovo teramano, sebbene più tardi, perché meno sollecito si destò tra noi lo spirito della cittadina libertà. A Milano poi dalla resistenza, che opponevano i varii ceti al tentativo di assoluta dominazione, fatto nel secolo xi dall* arcivescovo e da' suoi nobili capitani, sorse l'accordo tra essi ceti e quindi il governo municipale dei loro capi o consoli. Perciò, nota lo Hegel (3) : « la « direzione comune e i* autonomia del governo passò dalle mani « dei partiti a quelle di tutto il complesso dei cittadini e quindi i « capi riuniti dei tre ceti esistenti (capitani, valvassori e cittadini) « dovettero rappresentare la nuova autorità dell'intero comune ». E questa lotta abbiamo visto più detcrminatamente descritta più indietro (cap. ix, 3) dallo Handloike, scorgendo i liberi e gli schiavi agitarsi per entrare nel governo della cosa pubblica ed ottenerne prima la partecipazione al tribunale vescovile quali testimoni e poscia l'elezione dei magistrati indipendenti ossieno i consóli, ch'egli considera come i veri rappresentanti della novella forma corrispondente al nuovo svolgimento sociale. Tal fatto ritiene quello scrittore (4), come il primo movimento delle libertà cittadine verso il nascente comune, e in tal guisa giudicheremo sia accaduto ancor tra noi, quando più avanti (§ 3) vedremo i buoni uomini partecipanti al tribunale vescovile, quali giudici.
   2. Cosi dunque si svolse in generale in Italia il passaggio della pubblica autorità dalle mani del vescovo a quelle del popolo, e
   (1) HEGEL, op. cit., p. 398.
   (2) HEGEL, op. e loc. cit. (j) HEGEL, op. cit., p. 455.
   (4) HANDLOIKE, Die hmtardiscben Stàdie untar der Herrschaft der Biscliòfe, una die Entstehung der Communen, Berlin, Weber, 1885, a pp. 116, 120, I2J.

Scarica