ITINERARIO II IL GRUPPO DEI MONTI DELLA LAGA 1)7
golar tributo, da cui prima ria esento. Per In deci si uno degli a fi, tri criminali il R-- Robertii mandò un Capitano di giustiziti, mentre prima i cittadini stessi sceglievano il proprio giudice chiamato podestà o rettore, tanto per le cause civili, (pianto per le penali. Raiualdo d'Acquavi va fu l'aitino vescovo nomi-n ito dal Calatolo Aprutino, eil anelir l'ultimo a godere della perfetta signoria della città. Nicolò degli Arcioni, clie gli successe, fu eletto nel 1317 da Giovanni \\ll; a Nicolò segui Stefano De Teramo nel 1355, poi Pietro I>e Valle uri 1366. li' questo il periodo più splendido della storia teramana, giaccio' si fecero molti acqui ti; il territorio fu ampliato, molti privilegi ottenuti dai Sovrani e p ri nei pi I mente da Giovanni I, molti conventi e molte chiese editì-eati, molti superbi e bei palagi innalzati. Fra molti beni non mancarono però i mali, come la ribellione di Berardo da Teramo a capo di 150 banditi. Nella notte del '20 settembre 1347, il magistrato vigilante, avuta notizia delle loro mosse, fece custodire le mura; ciò non era difficile, giacché essendo la città murati e munita di torri, ad ognuna delle (putii metteva capo una strada, senza il minimo disordine o confusione ognuno .si recava, al primo segno, alla propria torre. I fuorusciti furono presi e, condotti in città, impiccati. — Altri mali furono la famosa p-ste del 13Ì8, le scorrerie di fra' Monreale di Provenza del conte Landò e di Annichino di Mongardo, le ostilità coi Campirsi ii, 1309, e fma'meute il terremoto del 1384. — Nel 137-1 vi fu una contesa fra Teramo e Campali pel possesso della montagna di Melatino, oggi detta di Mitta.lia; ma un trattato di pae«* del 1U dicembre 1371, voluto dalla r-gina Giovami», pose termine alle contese. — Durante il regno di Ladislao Durano, i Teramani fecero rivivere gli antichi privilegi, più non riconoscendo i capitani regi, ma non riuscirono a ricostituire l'antico regime con nominale sudditanza del vescovo e con reale amministrazione civica sotto un potestà e un giudice eletto dal Consiglio; che i due più potenti cittadini, Errico di Melatino ed Antonello He Volle, l'uno e l'altro anelarono alla signoria della patria. Da quest'epoca cominciarono per lu città calamità anche più terribili, la scissura ri or dei cittadini in due rabbiosi partiti, seguendo gli uni la famiglia .Mela-tino e gli altri quella De Valle, mentre la città ed i baroni ardevano in continue guerre, parteggiando alcuni per i Durnzzo ed altri per Luigi II d'Angiò, e mentre accampava pretese sul dominio di Teramo la potente Casa degli Acquavi va. Quo.ti partiti, detti Antonellisti e Melatinisti, disputandosi l'impero della ritta, l'allagarono di sangue r si oppressero vicendevolmente per96 anni; più vo'te successero sanguinosi fatti e or l'uno or 1' altro, soppiantato il vescovo, signoreggiò, la città, conservando però il regime municipale. - In dicembre li,7, avendo la regina Giovanna II ricuperata la suprema potestà, ordinò al conte di Carrara, vice-reggente di Abruzzo, di rimettere in città la unione r U pace, affidandone a lui il g«ivento; ma ben presto nuovi dissidi scoppiarono, finché Giosia d'Aequaviva se ne impadronì il 10 giugno 1424-, facendosi nominare dalla regina governatore a .suo beneplacito. Col far impiccare tredici Melatinisti riusci a pacificare la città. D'allora in poi questa fazione fu detta Sprnnati, adottandosi le parole ohe aveva usato uno dei parenti degli uccisi allorché, incitilo alla vendetta, rispose : Che vi possiamo fare ora che siamo spennati ? - II partito contrario, non si sa perchè, si appellò Mazzaelorr/ii. I n di questi fece scolpire un bassorilievo con due teste che ni guardano, con la lingua di fuori trapassata da un compasso, col motto •lato pronunziato da Giosia: .1 lo parlare m/e r/iexuro, e lo fece murare nel fronte della ,ua abitazione, ove tuttora esiste, nell'attuale via di Porta Romana. n. 25. — Il conte Francesco Sforza, par ti tante angioino contro gli Aragonesi, spalleggiato da Filipp i Visconti, nel 1438 assoggettò Teramo e tutte le altre terre ducali. Nei cinque anni c
he durò la signoria dello Sforza in Teramo t iuta fu la pace e l'ordine, che si diede opera alla revisione n rinnovazione degli Statuti municipali u Assise, piccolo codice secondo cui il potestà ed il giudice civile dovevano decidere le cause ni ordire Ir procedure. .Ma nel 141:2 Alfonso d'Aragona riacquistava Teramo e vi era accolto con onore: cedendo alle preghiere dei cittadini, non riponeva Giosia a governatale, ma la serbava in demanio, ponendo un comandante nella cittadella. — Tolta qualche coni • a fra i due partiti, le cose durarono quindi tranquille e Teramo segui la sol te del reame di Napoli. Più volte si tentò di ridare la